La meraviglia del Veneto
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La pastissada del caval


Dopo la battaglia tra Teodorico ed Odoacre (489) molti cavalli erano rimasti uccisi sul campo di battaglia, e poiché i veronesi morivano di fame Teodorico diede loro il permesso di poterseli mangiare. Secondo quanto ci tramanda Cesare fu un contadino di nome Bertoldo a suggerire a Teodorico il sistema per riuscire a mangiare anche la carne dei cavalli quasi in decomposizione. Bastava mettere infatti la carne a bagno in anfore piene di vino e spezie, in modo da togliere il sapore e l’odore della putrefazione. Questa è l’origine di un piatto tutt’ora presente nella cucina veronese: la pastissada de caval.

La Chiesa si oppose però per lungo tempo al consumo di carne di cavallo, sia perché il cavallo era considerato un animale domestico, sia perché era associato ad alcuni culti nordici (nella tradizione germanica quando moriva un cavaliere si uccideva anche un cavallo perché lo aiutasse a raggiungere il Valhalla, l’oltretomba). Inoltre i cristiani consideravano il cavallo un animale del diavolo, in quanto il diavolo “possedendolo” lo farebbe imbizzarrire provocando la morte di chi lo monta.

Sul portale della chiesa di S. Zeno sono “raccontate” due storie di cavalli indemoniati. Una è la storia di  un contadino trascinato di furia dal suo cavallo e salvato da S. Zeno mentre stava per finire nell’Adige. Nell’altra Teodorico montato sul suo destriero per andare a caccia, sarebbe stato invece portato dal cavallo sugli Appennini e scaricato sulla bocca di un vulcano.   

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